Nella cultura odierna prevale l’enfatizzazione dell’io a
discapito del tu e del noi e quindi un’ abitudine del monologo invece che dell’
ascolto. La capacità ad ascoltare (se stessi e gli altri) si è indebolita,
questo perché ai bambini non si insegna ad ascoltare,l’abitudine a guardare la
televisione ci rende ascoltatori superficiali e distratti e questo si
ripercuote sulle relazioni sociali. Di conseguenza le persone insistono a
chiedere attenzione, gridando o con atti violenti. Siamo circondati da così
tanta comunicazione che questa porta all’indebolimento di se stessa. D’altra
parte aprirsi verso gli altri comporta rischi, primo fra tutti quello di
lasciare troppo spazio all’ altra persona, offuscando per un momento la propria
persona, o il rischio di essere smentiti così ci si difende con lunghi
monologhi.
La maggior parte delle persone appena ha di fronte qualcuno
disposto ad ascoltarla, si lascia andare a monologhi pieni di racconti
autoreferenziali, ci si ritrova in conversazioni che non sono dettate dal
bisogno di comunicare ma dal desiderio di affermare e di rafforzare il proprio
io. I monologhi hanno la funzione hanno la funzione di rassicurare chi li attua
ma un mondo pieno di gente che parla ma non ascolta è di conseguenza un mondo
pieno di gente che non viene ascoltata, eppure ciò che tutti desideriamo è
proprio quello di sentirci ascoltati.
L’importanza dell’ ascolto è descritto nelle azioni
quotidiane, nei rapporti familiari e affettivi la mancanza di ascolto è la
causa frequente di incomprensioni, conflitti, dissapori e nel mondo di lavoro
l’incompetenza nell’ascolto è una delle prime cause di inefficienza. Le aziende
pagano metà del loro stipendio ai loro dirigenti perché sappiano ascoltare
prima di decidere e agire poiché conoscenze ed esperienze personali servono a
poco se non vengono utilizzate in modo coerente con i problemi posti.
Attraverso l’ascolto acquisiamo il punto di vista degli altri che arricchisce e
completa il proprio e stimola nuove prospettive generando nuove idee. Quando
l’altro non ci ascolta riceviamo il messaggio di non essere abbastanza
interessanti per lui generando frustrazione, sofferenza e rabbia nei confronti
dell’ altro.
Ci sono diverse intensità di ascolto, può essere
superficiale e intermittente o continuo e profondo e può capitare di essere vittime di una sorta
di autoinganno: crediamo di aver ascoltato ma, dopo pochi minuti, non siamo in
grado di ricordare quanto ha detto. Se si sta male fisicamente o si è presi da
un lavoro o preoccupati da un problema o mal disposti verso chi parla,
difficilmente si sarà capaci di un buon ascolto. Quando ascoltiamo poi lo
facciamo attraverso il filtro della nostra soggettività e delle esperienze che
ci hanno segnato. Ciascuno ha delle particolari aree di “sordità” nelle quali
certi contenuti non penetrano, esse spesso sono legate alle aree di insicurezza
o inquietudine che ci caratterizzano. Può essere molto utile capire quali sono
queste aree di sordità per acquistare quella consapevolezza che permetterà di
correggere il nostro comportamento.
Ci sono circostanze in cui in interlocutore può essere
animato da intenzioni manipolatorie o poco chiare ed è in casi come questi che
è necessario saper attivare un ascolto attento.
Ascoltare richiede energia, concentrazione, impegno e
bisogna imparare quando è necessario attivare a pieno questa capacità e quando
ci si può permettere di usarla in modo leggero. Il vero ascolto ci vuole
attivi, partecipi, curiosi e quindi interessati a comprendere davvero ciò che
l’altro vuole condividere con noi, che siano pensieri, ricordi, emozioni o
stati d’animo. Ascoltare significa prestare attenzione al messaggio globale
dell’interlocutore e sentire la risonanza emotiva che produce dentro di noi.
Per comprendere davvero bisogna mettere l’impegno mentale ed emotivo necessari
a cogliere la complessità del messaggio perché il contenuto di un discorso può
non essere immediatamente evidente, a volte è implicito, altre volte nascosto e
un buon ascoltatore sa distinguere ciò è importante da ciò che lo è di meno.
In certe circostanze è importante saper riconoscere lo stato
d’animo dell’interlocutore e decifrare i significati segreti e tutto ciò può
essere possibile mettendo da parte, per un istante, il proprio se, per creare
dentro uno spazio di accoglienza all’ altro e per arrivare a ciò è essenziale
abbandonare atteggiamenti valutativi e giudicanti, bisogna lasciar da parte
critiche, recriminazioni, rimproveri, prediche. Bisogna assumere che l’altro ha
ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua
prospettiva. Importante è l’ascolto empatico che non è centrato sulle parole ma
sui sentimenti sottostanti e per questo comunica all’interlocutore un’
autentica accettazione. L’ascoltare davvero l’altro e considerare il suo punto
di vista produce in noi piccoli, impercettibili mutamenti, rendendoci un po’
diversi da come eravamo prima. Per riuscire ad aprirsi all’ ascolto empatico
bisogna saper ammettere i proprio limiti, mettersi in discussione riconoscendo
le ragioni dell’altro, viceversa coloro che si sentono minacciati da punti di
vista diversi, che temono costantemente di essere smentiti e svalutati non
possono accogliere serenamente le parole dell’ altro, non possono che
rifugiarsi nella sordità e nel non ascolto.
Ritengo sia molto importante imparare ad ascoltare sia per i
rapporti personali ma soprattutto nell’ ambiente lavorativo, specie nell’
ambito della comunicazione dove per soddisfare un cliente bisogna capirlo e
ascoltarlo è il primo metodo per riuscire a farlo. Se il cliente si sentirà
ascoltato riuscirà a riporre fiducia e ne uscirà più soddisfatto. Purtroppo
molto spesso ci riesce difficile perché purtroppo, come dice la Giannelli nel
suo libro, siamo in un epoca in cui la comunicazione danneggia se stessa,
ricoperti da segnali di ogni genere e le tecnologie riducono ogni interazione
sociale. Il nuovo modo di comunicare è il social network dove possiamo
scegliere se ascoltare le persone con un click, non serve neanche più fingere,
basta chiudere la finestra indesiderata. Navigando per la rete siamo talmente
abituati ad ignorare i messaggi che non ci interessano e infastiditi che questi
messaggi indesiderati ci appaiano che anche nelle relazioni sociali utilizziamo
automaticamente dei filtri, magari senza accorgercene, e magari arriveremo un
giorno a voler ascoltare ma non esserne più in grado. A volte siamo costretti a
non ascoltare anche nei momenti di relax, pensiamo alle uscite con gli amici,
andiamo in un locale e siamo sovrastati dalla musica altissima che non ci
permette di comunicare. Anche la società attuale ci mostra i segnali del nostro
non ascolto, siamo così preoccupati ad enfatizzare l’ io che non ci accorgiamo
che se ci ascoltassimo vorremmo tutti le stesse cose, avremmo gli stessi
valori, ma non facendolo ognuno agisce
per il proprio conto cercando di prevalere sugli altri.